
Sono una merce rara, costano tanto e spesso non valgono il prezzo pagato. I terzini capaci di difendere e attaccare si contano sulla punta delle dita. Tutte le migliori squadre della serie A ne hanno acquistati di nuovi, nella speranza di pescare quelli giusti. Per Conti e Rodriguez il Milan ha speso circa 45 milioni, l’Inter ha pagato Dalbert 20 e Cancelo (arrivato con uno scambio di prestiti) ne vale 25, la Roma su Kolarov ne ha investiti 5 e su Karsdorp 19, la Juventus ha pagato De Sciglio 12 e il Napoli 9 Mario Rui. Un conto da 135 milioni.
Sono poche le squadre italiane che non hanno cambiato o acquistato almeno un terzino. Piccole, medie e grandi, tutte cercano quel tipo di giocatore, introvabile. Il Manchester City si è svenato per acquistare Walker, il 27enne terzino destro preso dal Tottenham per 60 milioni: una follia. La Juventus si è tenuta ben stretta Alex Sandro, rifiutando la corte del Chelsea arrivato a offrire 70 milioni e il Barcellona ha investito 30 milioni su Semedo, prelevato dal Benfica. Il Siviglia sta facendo una corte serrata a Masina del Bologna e a giorni dovrebbe definire il passaggio per 10 milioni.
Il calcio è cambiato e il ruolo è diventato molto più complicato. Il terzino si è trasformato in un esterno e deve essere in grado di svolgere le due fasi: difesa e attacco. Facile trovare chi spinge bene ma difende male e viceversa. Alex Sandro, considerato uno dei migliori interpreti a livello europeo e costato ben 25 milioni ai bianconeri quando era già in scadenza di contratto, ha faticato non poco ad adattarsi. Al primo anno con la Juventus il brasiliano ha giocato appena 1.490 minuti in 22 partite, non tutte da titolare. Era carente in fase di copertura e Allegri ha lavorato un bel po’ per completarlo. Non è un caso se nella stagione scorsa Alex Sandro è rimasto in campo per 2309 minuti, oltre 800 in più dell’anno prima, e ha chiuso con 27 presenze, quasi tutte dall’inizio.
Da un lato la crisi del ruolo è da imputare alle carenze delle giovanili, dove non si insegna quasi più la marcatura ma si privilegia, già in giovanissima età, l’evoluzione tattica e il gioco a zona, tralasciando spesso di curare la fase difensiva. Può anche essere che la moda di qualche anno fa di giocare con la difesa a 3 abbia creato un buco generazionale, ma forse più di tutto ha inciso lo sviluppo del calcio, oggi decisamente votato all’attacco. L’anno scorso in serie A sono stati segnati 1.123 gol, il numero più alto dagli anni 50 a oggi e il terzo nella storia del nostro campionato.
I terzini vecchio stampo come Gentile, Bergomi, Favero e, perché no, lo stesso Maldini, giocavano tutti con un’ala davanti. Il punto di riferimento per i due ruoli era la linea laterale. Oggi quelle due posizioni si fondono in un unico interprete. Il ruolo del terzino è forse più complesso di quello della mezzala che ha un compito specifico e una porzione di campo ben definita. Il difensore moderno è anche un attaccante e soprattutto ha dovuto imparare a gestire il pallone, mentre un tempo doveva principalmente preoccuparsi di difendere e scaricare sul centrocampista dopo il recupero.
Non è un caso se molti allenatori tentano di adattare giocatori tecnici in quel ruolo: a Spalletti riuscì particolarmente bene con Florenzi alla Roma, Conte nel Chelsea punta su Marcos Alonso, autore di una doppietta contro il Tottenham sabato. Da anni la Fiorentina cerca alternative sulle fasce, ma all’esordio a San Siro contro l’Inter si è ripresentata con Tomovic e Oliveira, aspettando di plasmare il nuovo acquisto Gaspar. Lo stesso ha fatto Spalletti lasciando in panchina Dalbert e spiegando poi che occorre tempo per affinare la fase difensiva. Soprattutto in serie A che resta forse la scuola più dura d’Europa.

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Redazione LaViola.it