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Il blog di Ludwigzaller: Scala a Pioli

Quella tra visionari e pragmatici è una delle grandi spaccature che caratterizzano la storia del mondo. Il visionario Savonarola, nel Rinascimento, dovette incassare le critiche del realista (ma insieme idealista a suo modo) Niccolò Machiavelli, il quale osservò che i profeti disarmati sono destinati alla sconfitta. Secoli dopo il visionario Mazzini fu battuto in breccia dal pragmatico Cavour, un imprenditore concreto, poco idealista, che se vivesse oggi possederebbe gli ultimi modelli di iPhone e di iPad.

Io lo dico subito (e chi mi legge lo sa) sono per la visionarietà e l’idealismo. I miei idoli sono grandi idealisti come Steve Jobs, Adriano Olivetti, Frank Zappa. Uomini che sapevano vedere lontano. Si spiega così la mia ammirazione in campo calcistico per Guardiola e Montella. Dobbiamo allo sfrenato idealismo di Montella tre anni di calcio bellissimo e ad alto livello. Non meno idealista, va detto, è stato Paulo Sousa, ma c’era un tarlo che rodeva il suo progetto di calcio, un rovello che lo minava. Forse un eccessivo amore per l’originalità e la perfezione che se non ben amministrate diventano immani difetti.

La scelta del momento contrappone un idealista, Di Francesco, ad un pragmatico, Pioli. E non si può probabilmente biasimare del tutto Corvino se nella sua testa gira l’idea di sostituire l’idealista con il pragmatico. I pregi del pragmatico sono l’umiltà, la concretezza, la duttilità. E Pioli indubbiamente le possiede. È possibile che il pragmatico sia in grado di sfruttare meglio la rosa e di valorizzare i giocatori giovani. D’altronde dobbiamo ad un pragmatico con grandi doti di motivatore il secondo scudetto.

La squadra l’aveva costruita Chiappella, Pesaola la mise in campo con accortezza e provò, con successo, come ha spiegato recentemente De Sisti, a convincere i giocatori della loro forza. Di contro la scelta del pragmatico potrebbe essere un modo per evitare contestazioni da parte dell’allenatore, e poter vivere tranquillamente e senza ambizioni in una sorta di mediocrità aurea. Ma non si può decidere della bontà di un budino senza mangiarlo, diceva Marx, e questo vale anche per Pioli. Lo dobbiamo vedere sul campo prima di poterlo giudicare.

Dobbiamo capire come gestirà i titolari che rimarranno e come inserirà se lo meritano diversi giovani che Corvino ha scovato e che per ora si sono visti poco, benchè siano unanimemente giudicati molto interessanti. Una cosa è certa: Pioli non ci infliggerà discorsi filosofici, non dirà che la sua squadra gioca sempre per vincere, non parlerà di uova e di frittate. Non farà bagni di folla e corse nei boschi. Non elargirà carezze al Giuseppe Rossi di turno per poi farlo fuori. Resterò sempre fedele all’idealismo, ma il pragmatismo non va sconfessato. E lo dimostra la stessa carriera di Montella che ultimamente ha dichiarato che sta curando di più la fase difensiva, per ovviare a certi difetti che a Firenze gli venivano rimproverati. Nelle antiche concezioni cristiane, i fedeli raggiungevano il paradiso salendo i gradini di una immaginaria scala d’oro. Ma si sa che in paradiso si giunge anche per altre vie.

Secondo una certa storia, ci si può arrivare anche attaccandosi ad una cipolla: così sarebbe accaduto ad una donna che nella sua vita non aveva fatto niente di buono che donare una cipolla ad un povero: mentre era all’inferno la donna si attaccò alla cipolla che un angelo aveva sospeso sulla sua testa e si salvò (I fratelli Karamazov, VII, 3). Nel nostro caso potrebbe bastare una scala a pioli, come quella che Dante del resto vede  (“Vid’io uno scaleo eretto in suso”) nel XXI del Paradiso.

di Ludwigzaller

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