Quarantuno punti in classifica, ottavo posto. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Lontano da quella posizione e da quella rincorsa europea svanita con il k.o di San Siro, mestamente abbandonata nella serata thrilling contro Gladbach, certificata ieri da un risultato che profuma e indirizza la Fiorentina verso tre mesi finali di anonimato, di pochi obiettivi, estremamente difficili da digerire e da affrontare.
Del resto, incassata la fiducia fino al termine della stagione da parte di Sousa, i numeri del campo non tornano proprio: Nell’ultimo anno solare infatti, dal Marzo 2016 al Marzo 2017, la Fiorentina è stata capace di vincere due gare di campionato di fila soltanto in due occasioni. A Dicembre nel doppio successo con Sassuolo e Palermo e in questo inizio di Gennaio, nelle effimere affermazioni con Juventus e Chievo. Addirittura i viola non ottengono tre successi di fila in Serie A dal Novembre 2015, quando tutti urlavamo e salutavamo la Capolista.
Nel mezzo tanta discontinuità, tanti pareggi, alcune pesanti battute di arresto e tante prove a fasi alterne come quelle di ieri sera. Bene per un certo periodo, male, malissimo in un altro. Un’oscillazione tra prestazioni importanti e cali fragorosi,tra sprazzi di bel gioco e inspiegabili momenti di black out.
I conti non tornano soprattutto in difesa: con la doppietta di Belotti siamo a 37 gol subiti, gli stessi,per esempio, dell’Empoli quart’ultima in classifica. Colpa degli errori individuali, dell’atteggiamento del reparto, di un sistema di gioco che Sousa non è stato capace di correggere, di modificare,di arginare.
Un po’ come ieri sera quando il cambio Tello-Maxi Oliveira e Astori terzino con l’ingresso di Tomovic ha rappresentato l’ennesimo manifesto di un qualcosa di incomprensibile, di una stalla chiusa quando ormai i buoi erano scappati.
Ma a non tornare, nelle ultime ore, specie dopo le dichiarazioni di Cognigni prima della partita e post Cda, sono soprattutto i conti relativi a un bilancio che continua a presentare buchi. Quasi come se i 4 milioni citati dal Presidente Esecutivo fossero un pozzo senza fine, un pianeta non ancora scoperto dalla Nasa.
Non torna il fatto che prima di ogni sessione, o dopo diversi mercati in autofinanziamento dove le entrate hanno superato le spese, ci sia sempre un saldo negativo.
I numeri parlano di altro, almeno quelli a noi arrivabili e decifrabili. A partire dal mercato invernale di Gennaio 2015, (quello della cessione di Cuadrado e dell’arrivo di Salah per capirsi), ogni sessione è stata chiusa in attivo.
Trenta milioni nel Gennaio 2015, mezzo milione nell’Agosto dello stesso anno, due milioni e mezzo nel Gennaio 2016, per finire ai diciassette dell’estate scorsa, quella della cessione di Alonso. In totale quasi cinquanta milioni intascati. Sufficienti, almeno cosi sembra, per ripianare l’iniziale disavanzo di 38 milioni dal quale partiva la Fiorentina.
Il tutto senza tralasciare due importanti fattori: l’abbassamento considerevole del monte ingaggi degli ultimi anni e il fatto che il regime di Far Play Finanziario molto probabilmente l’anno prossimo cesserà di essere così stringente, dal momento che la Fiorentina non parteciperà a competizioni europee.
Ma al di là dei numeri, del milione più e del milione in meno, il buco di bilancio è il manifesto del primo obiettivo da affrontare per il futuro da parte della società: La trasparenza nei confronti dei tifosi, la chiarezza sulle capacità di investimento e, quindi, di conseguenza sugli obiettivi.
Quegli stessi tifosi che ieri hanno fischiato, contestato e esternato il proprio dissenso. Divisi in guelfi, contrari ai cori contro i Della Valle e racchiusi nel settore della tribuna, e in ghibellini, contrari e favorevoli alla contestazione verso tutti i rami della società, come i gruppi della Curva Fiesole. In fondo, in una serata e in un momento così difficile, spesso si rischia di non far tornare i conti nemmeno tra i tifosi. Uniti nella voglia e nel rispetto della maglia.

Di
Duccio Mazzoni