In casa viola non ci si annoia. Mai. Nelle ultime settimane è tornato alla ribalta il rapporto tra Paulo Sousa e la società. Come sappiamo il problema non sono i risultati sportivi, o almeno non principalmente, ma le esternazioni del tecnico. Prima le dichiarazioni sul “sogno”, poi quelle sulle “società ambiziose” riguardo al futuro di Federico Bernardeschi: il tutto non ha aiutato a rasserenare gli animi. In più si è aggiunta anche la sconfitta interna contro il Paok che ha rimandato il discorso qualificazione all’ultima sfida di Europa League contro il Qarabag.
Una serata, quella di giovedì scorso, che ha lasciato l’amaro in bocca (eufemismo) nei tifosi e in qualche dirigente. Il rapporto tra allenatore e società ci pare incrinato, e questa criticità nasce da lontano. Con ogni probabilità dalla fine della scorsa stagione, quando si è voluti continuare assieme benché le incomprensioni fossero ben evidenti. Eppure, in un momento in cui si dovrebbe parlare di calcio, di campo va a finire che al centro dell’attenzione ci sono sempre temi extra. A questo punto, se da entrambe le parti il bene finale deve essere quello della Fiorentina, serve un confronto leale che porti ad una scelta.
La strada è ad un bivio: continuare insieme con ritrovato entusiasmo o dividersi. Il vivacchiare non serve a nessuno. Men che meno alla squadra. Dire che la partita contro l’Inter sia l’ultima spiaggia per Sousa ci pare eccessivo, o quantomeno esagerato. Anche se nel calcio mai dire mai. Oggi ascolteremo nuovamente il tecnico portoghese in conferenza: parole da ascoltare con attenzione. C’è da preparare una delicata sfida a Milano contro l’Inter. A tutta la Fiorentina farebbe bene concentrarsi sul calcio giocato. Ci auguriamo che ci riescano. I risultati, molto spesso, sono una panacea e riescono a calmare anche le acque più agitate.
Di
Lorenzo Matteucci